venerdì 30 novembre 2012

Sherlock VS Sherlock







           

                                                    Sherlock VS Sherlock





Due attori inglesi; stesso personaggio,ambientazione moderna.
Finisce qui la lista assai striminzita delle similitudini fra due serie televisive che narrano del medesimo, mai troppo sfruttato detective: Sherlock Holmes. I due protagonisti: Benedict Cumberbatch e Jonny Lee Miller, entrambi ottimi attori, applauditi co-protagonisti in patria di una recente opera teatrale dedicata all’altrettanto famoso Frankestein; amabili colleghi nella vita reale.
Benedict meriterebbe un articolo a parte. Chissà…
Cumberbatch è il protagonista della serie inglese, giunta già alla terza stagione e programmata per il prossimo anno, dal titolo: "Sherlock"  è, invece, nuova di zecca la serie targata CBS interpretata da Miller, e sceglie come titolo l’esclamazione che è diventata il segno distintivo del personaggio televisivo (ma non dell’originale cartaceo, che non si è mai sognato di pronunciarla) : "Elementary".

Amo entrambi gli attori, perciò mi duole affermare: povero, povero Jonny Lee Miller! La sua elegante pronuncia inglese si confonde e disperde tra strascicate parlate newyorkesi, la figura dai movimenti nervosi si muove tra le solite, fumose strade delimitate dai soliti, incombenti grattacieli… cielo, lo scempio, il sacrilegio!
Sherlock che mangia take-away cinese e ingurgita bicchieroni di caffè Starbucks!!!
Miei cari lettori, io trasecolo!
Abbiamo il nostro Sherlock inglese che scorrazza lungo una Baker Street trafficata di automobili e taxi, certo, ma Londra è sempre Londra: il Big Ben si staglia tra le nuvole, la regina è salda al suo posto, il tè viene rigorosamente servito alle cinque del pomeriggio.
Impeccabile in un lungo cappotto doppiopetto di foggia classica, questo Sherlock punta un paio di freddi occhi azzurri su cadaveri di donne vestite in rosa, seducenti spie che ricattano amanti di regale lignaggio, mostri animaleschi che incombono nelle notturne campagne di Dartmoor.
Il suo alias americano, dall’altra parte dell’oceano, ex-tossico in riabilitazione (e ti pareva? Siamo in America!), vaga per la città su taxi gialli indossando trasandate t-shirts e scarpe da ginnastica (vi rendete conto?), e punta un paio di febbricitanti occhietti azzurri (inglesi d.o.c., meglio che niente!) su cadaveri di agenti di borsa a Wall Street, rottami di aerei manomessi, vittime del serial-killer di turno che imperversa negli scantinati di Brooklyn.
Il peggio, purtroppo, deve ancora venire…
Sherlock non sarebbe Sherlock se non avesse al suo fianco il suo alter-ego, il socio/consulente/amico fedele dottor John Watson!
Infatti eccoci a Londra, dove un moderno Watson, interpretato con magistrale bravura da Martin Freeman, affronta i traumi del suo passato professionale di medico di guerra e li sconfigge, gettandosi a capofitto in pericolose avventure adrenaliniche. Insostituibile nel compensare con la sua “normalità” le eccentriche derive del suo geniale ma sociopatico compagno, Watson trattiene a terra e sostiene il protagonista, mantenendo equilibrate le dinamiche delle loro opposte personalità.
Che cosa si sono inventati gli sceneggiatori americani per infondere originalità nel loro davvero poco originale tributo all’eroe di Arthur Conan Doyle? Come evitare di essere tacciati di scopiazzatura-spazzatura nei confronti del prodotto della Bbc? Il colpo di genio, la sensazionale trovata: John Watson diventa Joan Watson, graziosa ex-chirurgo dal passato misterioso che si troverà a convivere professionalmente con un riluttante ex-tossico per aiutarlo nella riabilitazione…!?!
L’insidiosa parte è stata affidata ad un’imbalsamata Lucy Liu, inespressiva e poco credibile, per nulla capace di entrare in sintonia con un Miller inarrivabile e, per questo motivo, vanificando l’intento di costruire una sinergia coinvolgente attraverso brillanti botta e risposta con il partner (elemento chiave, oserei dire classico in una serie televisiva che si rispetti).
Guardando interagire i due protagonisti, si ha la sensazione di assistere a fotomontaggi di scene girate con tempistiche diverse: da una parte Miller che estremizza il suo Sherlock con movimenti convulsi e parlata nervosa, gesticolando e sbattendo gli occhi; dall’altra parte una Liu al rallentatore, statica statua di cera dagli occhi a mandorla, bambolina senza età piantata sul pavimento e caricata a molla. Lei lo incoraggia con toni monocorde, lo bacchetta con toni monocorde, lo segue e assiste con toni monocorde; lui la odia e si scompone, la ignora e si scompone, la studia e si scompone. Risultato? Uno Sherlock un po’ antipatico che recita un monologo!!
Cari lettori, vi state stancando? Scusatemi, l’indignazione mi ha preso la mano!
Concludo con la parata di attori di contorno: anche qui, l’abisso!
Nella versione britannica, Rupert Graves è l’incapace ispettore Lestrade,( laddove Rupert è capace, senza ombra di dubbio). La stessa cosa non si può dire del suo omonimo americano, interpretato da un attempato e sovrappeso Aidan Quinn: voce roca con potente inflessione, capelli brizzolati, esperienza e autorità. Non è colpa di Quinn, ma Lestrade non abita più qui (e non si chiama neanche Lestrade)!
Potrei andare avanti per pagine e pagine ma, non temete, non lo farò! Mi limito a dire che lo Sherlock londinese è circondato da una serie di personaggi caratterizzati con brio e bravura (fra tutti Andrew Scott, che interpreta un moderno Moriarty dai toni ancora più estremi del già eccessivo protagonista, e Mark Gatiss, anche co-sceneggiatore della serie, che incarna un sarcastico ed enigmatico Mycroft Holmes). English humour come se piovesse, e il gioco è fatto: garantiscono gli sceneggiatori Moffat e Gatiss!
A New York si gioca sul multietnico: abbiamo l’inglese, l’orientale, il nero, e così via. E non c’è altro da dire. Sbadiglio….
Sono troppo di parte? Certamente sì, ma la mia critica analizza soltanto il prodotto artistico, non la popolazione o la società, sia ben chiaro. Se ingrano la marcia e parto con la critica sociale, apriti cielo!!!!
Chioso la mia tirata: mentre attendo con ansia di vedere la terza stagione di “Sherlock”, naturalmente in lingua originale (una volta ascoltata la voce di Benedict, si diventa dipendenti!!!), interrompo la visione della prima serie di “Elementary”.
Jonny, please, come back home!!!  **lo cantano anche i Fine young cannibals!*



http://lavocenascosta.wordpress.com/2012/11/27/sherlock-vs-sherlock/ 

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